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LETTERATURA E POESIA DI GUERRA


Tra i milioni di giovani che in quei terribili anni hanno combattuto ci furono numerosi artisti che hanno affidato a poesie, racconti, romanzi e memorie le loro esperienze di guerra. La poesia e la prosa che riporta esperienze legate alla grande guerra si pongono nell'ambito dell'esperienze maturate intorno a due importanti riviste letterarie “Lacerba” e “La Voce” che influenzarono la vita culturale degli anni che precedettero il conflitto. La maggior parte degli artisti era schierata per un intervento attivo nel conflitto, questo perché ritenevano la guerra come un utile strumento per eliminare le idee di un mondo che ritenevano vecchio, fatto di equivoci e falsi equilibri per far nascere così un nuovo stile letterario e generare una nuova umanità. Lo erano in particolare gli artisti legati al movimento futurista che esprimeva opinioni molto radicali non solo sul piano artistico, ma anche politico con posizioni fortemente nazionalistiche e bellicistiche.

Nella letteratura italiana certamente il più famoso è Giuseppe Ungaretti,legato, negli anni precedenti al conflitto, alla rivista futurista “Lacerba” e inoltre tenne anche alcuni comizi in favore dell'intervento Italiano in guerra. Nella sua raccorta l'Allegria, rivive attraverso la poesia i momenti passati nelle trincee. Due poesie significative sono Fratelli e Veglia in entrambi questi testi letterari traspare tutta l'inumanità della guerra che porta gli uomini a combattersi e ad autodistruggersi. Questa situazione porta però gli uomini a percepire l'importanza della vita “Non son mai stato tanto attaccato alla vita” e il sentimento di fraternità e solidarietà.




VEGLIA

Cima quattro il 23 dicembre 1915

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore
Non son mai stato
tanto

attaccato alla vita

In questa poesia è descritto tutto l'orrore della guerra i soldati si trovano a condividere gli spazi già angusti e terribili con i corpi massacrati dalle bombe dei compagni è in questa situazione che il poeta si accorge di quanto è precaria la sua esistenza e a questa si attacca con l'unico modo che in trincea gli è permesso LA PAROLA POETICA. Il sentimento dell'amore si trasforma così nell'arma dei soldati per combattere quell'idea di non valore della vita che tutti i giorni si trovano difronte sui campi di battaglia. Questo testo è molto espressivo la descrizione del cadavere è fatta con molta precisione dei participi che indicano una condizione di sofferenza e distruzione, (buttato, massacrato, digrignato). Nell'ultimo verso invece il participio dal suono simile ai precedenti (attaccato) assume tramite il complemento alla vita un significato opposto.


FRATELLI

Mariano 15 giugno 1916

Di che reggimento siete
fratelli ?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli

Anche in questa poesia il poeta deve confrontarsi con la fragilità della vita questa volta però l'appiglio naturale è il senso di fraternità che c'è tra tutti i soldati indipendentemente da quello che è il reggimento di appartenenza che diviene una ribellione (rivolta) contro questa situazione inumana. Questo sentimento di fraternità tra gli uomini e ancora debole quasi come una foglia appena nata.


Analoghe tematiche possono essere ritrovate nella poesia A un compagno di Corrado Alvaro tratta dalla raccolta Poesie grigio verdi, nella quale immagina di chiedere a un commilitone di comunicare alla famiglia la sua morte in battaglia. La poesia, scritta con un linguaggio semplice quasi infantile, associa al tema della morte immagini di vita lieta “Dì loro che la mia fronte / è stata bruciata là dove / mi baciavano, e che fu lieve / il colpo, che mi parve fosse / il bacio di tutte le sere.” che si contrappongono alla morte violenta di un ragazzo. Queste immagini dovrebbero servire ai genitori come consolazione per aver perso un figlio, che però non vuole far loro sapere la sua sofferenza “ Dì loro che avevo goduto / tanto prima di partire, / che non c'era segreto sconosciuto / che mi restasse a scoprire; /.....Che mi seppellirono con tanta / tanta carne di madri in compagnia / sotto un bosco d'ulivi / che non intristiscono mai; / che c'è vicina una via / ove passano i vivi / cantando con allegria.”
Con toni molto espressivi Rebora nella poesia Viatico ci descrive lo strazio di un soldato morente e i sentimenti dei commilitoni che non possono far niente per salvarlo “pietà di noi rimasti / a rantolarci e non ha fine l'ora, / affretta l'agonia, / tu puoi finire / e conforto ti sia / nella demenza che non sa impazzire, / mentre sosta il momento, / il sonno sul cervello, / lasciaci in silenzio / Grazie, fratello.” Anche in questa poesia appare come unica consolazione, per chi si trova a vivere l'orrore della guerra, la solidarietà e la fratellanza coi compagni.
Di stile e tematica totalmente opposta è la poesia Sul Kobilek di Ardengo Soffici nella quale emerge invece l'esaltazione della violenza e della guerra come espressione della giovinezza con un forte disprezzo per il nemico tipico atteggiamento degli scrittori futuristi più radicali. “Nei boschi intorno di freschi nocciuoli / La mitragliatrice canta, / Le pallottole che sfiorano la nostra guancia / Hanno il suono di un bacio lungo e fine che voli. / Se non fosse il barbaro ondante fetore / Di queste carogne nemiche, / Si potrebbe in questa trincea che si spappola al sole / Accender sigarette e pipe; / E tranquillamente aspettare, / Soldati gli uni agli altri più che fratelli, / La morte; che forse non ci oserebbe toccare, / Tanto siamo giovani e belli./”

La letteratura straniera e in particolare quella Angloamericana è molto più rivolta alla denuncia  di quanto questa guerra sia inumana. Un esempio di questo è il romanzo  Addio alle armi di E. Hemingway, pubblicato nel 1929. In gran autobiografico esso narra l'esperienza dell'autore, che nel 1917 si arruolò volontario e venne inviato sul fronte austo-italiano come conducente di ambulanze. Il protagonista, Frederick Henry, vive l'esperienza della rotta di Caporetto e della rovinosa ritirata delle truppe italiane, dopo la quale decide di disertare. In numerose pagine viene presentata la condizione dei soldati, soprattutto dei feriti e degli ufficilali medici costretti a lavorare in condizione di precarietà, pericolo e mancanza di mezzi. “I medici lavoravano con le maniche rimboccate fino alle spalle ed erano rossi come macellai. Non c'erano abbastanza barelle. Qualche ferito era rumoroso, ma quasi tutti stavano zitti. ”

Un' altra descrizione autobiografica ci dà l'idea di com'erano i luoghi di medicazione  “Mi sollevarono sulla tavola era dura e sdrucciolevole. C'erano molti odori forti, odori chimici e l'odore dolce del sangue ”. Tutto il racconto  è scritto in prima persona,  anche se in alcuni punti si sente un notevole distacco dalla vicenda narrata, come se il narratore fosse un testimone freddo ed estraneo ai fatti che presenta.






In testo poetico molto singolare che presenta la condizione dei giovani che morirono durante il conflitto è tratto da un poemetto Hugh Selwyn Maubertely dello scrittore americano Ezra Pound.
 Il poemetto, pubblicato nel 1926, si compone di varie parti che rappresentano le condizioni di vita di diversi personaggi. Il brano che ho analizzato è la conclusione dell' Ode pur l'election de son sepulcre nel quale l'autore riflette sulle motivazioni che hanno portato  tanti giovani ad affrontare l'avventura terribile della Grande Guerra. Questi versi mi hanno colpito, perché rappresentano una denuncia contro tutte le guerre nelle quali giovani inconsapevoli sono mandati a morire per qualcosa che non merita tanto dolore e sacrificio:
“Camminarono immersi fino agli occhi nell'inferno/prestando fede alle menzogne dei vecchi”. Così il poeta descrive l'atteggiamento di chi  combatté ingannato da falsi ideali e motivazioni, per difendere una società corrotta,“morirono a migliaia/e i migliori fra quelli, / per  una vecchia cagna sdentata,/ per una civiltà rattoppata .”
In questi versi emerge una condanna decisa di questa inutile carneficina, che non mi di aver trovato negli scrittori italiani, che tendono invece a trovare aspetti moralmente positivi anche nelle situazioni più disperate e crudeli.