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TEMPO LIBERO E DISCIPLINA

Nei periodi di tregua i soldati dovevano esercitare tutta la loro fantasia per trovare il modo di passare il tempo e di dimenticare la loro condizione. C'era chi si ingegnava a scrivere a casa, chi leggeva, chi si dedicava alla cesellatura dei bossoli o delle gavette, chi giocava a carte, chi inventava giochi collettivi adatti alle costrizioni degli angusti spazi dei camminamenti. Tra i giochi più singolari segnalati dalle numerose testimonianze dei reduci, possiamo ricordare, ad esempio, quello della "roulette col pidocchio": venivano disegnati sul terreno dei riquadri sui quali i soldati, seduti tutt'attorno, puntavano dei soldi; un pidocchio, opportunamente collocato sul campo da gioco, decretava infine il vincitore decidendo di fermarsi per un certo periodo in una determinata casella. Per evitare questo stato di noi e rilassatezza che faceva scaturire nei soldati uno stato d'ansia che spesso sfociavano in diserzioni o rese al nemico, soprattutto negli ultimi anni di guerra quando il morale delle truppe era veramente basso, gli ufficiali cercavano di tenere sempre attivi i soldati con esercitazioni di tiro o con piccoli lavori di scavo per rendere più solide le trincee. Col proseguo della guerra lo stato maggiore cerco di arginare il fenomeno della diserzione che sempre più colpiva i soldati al fronte con un inasprimento della disciplina che divento sempre più rigorosa. È un esempio di questa estrema rigidità il regolamento sul comportamento da tenere in trincea della IV corpo d'armata che in modo minuzioso regola tutte le attività dei soldati al fronte. La ferrea disciplina però non servi a scoraggiare i casi di diserzione o gli atti di consegna al nemico: ne sono esempio le numerose sentenze che il tribunale militare di guerra emanò negli anni del primo conflitto, nei tre anni di guerra ci sono state 870.000 denunce al tribunale militare, 470.000 furono per diserzione, in gran parte circa L'80% a carico di cittadini emigrati all'estero, le altre 400.000 furono invece per reati commessi durante la permanenza al fronte questo significa che quasi il 15% dei soldati mobilitati durante il conflitto venne processato. Il codice militare di guerra  prevedeva la pena di morte per tutti quei soldati e ufficiali che si dimostravano vili e che difronte al nemico sceglievano la fuga, molto severe erano inoltre le punizioni per tutti coloro che condannavano la guerra o il comportamento degli ufficiali.

Per la maggior parte dei soldati, comunque, il problema del tempo libero si poneva soprattutto nei periodi in cui i reparti rientravano nelle retrovie del fronte per un breve riposo. Al riguardo, Cadorna mantenne sempre una linea molto rigida. Il soldato doveva rimanere tale anche nelle retrovie; doveva continuare ad annoiarsi con esercitazioni assurde, a faticare e ad obbedire, restando rigidamente separato dai civili in modo da contrastare il rischio di un distacco psicologico dalla trincea. Il tradizionalismo di Cadorna poteva, al più, tollerare l'azione dell'apparato assistenziale cattolico che organizzo una rete di assistenza, ristoro e svago per militari in temporaneo riposo. Questi luoghi presenti in tutte le retrovie presero il nome di "Case del soldato" nelle quali si poteva giocare a carte o a bocce, assistere a qualche rappresentazione teatrale o cinematografica inoltre giovani studenti davano la possibilità anche agli analfabeti di scrivere a casa. Il numero delle "Case del soldato" andò considerevolmente aumentando nel corso del 1918, quando, sotto Diaz, anche i comandi militari avvertirono in prima persona la necessità di offrire risposte concrete ai bisogni ricreativi dei soldati e avviarono un vasto programma di propaganda e assistenza con la distribuzione capillare dei "giornali di trincea" pubblicati dallo stato maggiore dell'esercito e che avevano il compito di inculcare ai giovani soldati il senso e l’importanza della prima guerra mondiale. Il soldato doveva essere fiero di condurre la propria Patria verso la vittoria, anche al costo di sacrificare la propria vita: “Se l’uomo, individuo, può tal volta, con un altissimo spirito di abnegazione, vincere e superare l’istinto della propria conservazione, le nazioni non lo possono e non lo debbono; una inesorabile legge di natura vuole che l’individuo si sacrifichi per la conservazione della specie…” I giornali di trincea oltre a dover portare l'animo del soldato alla logica militare, dovevano cercare di rasserenarlo e fargli dimenticare la precaria condizione in cui si trovava. Altro elemento importantissimo per risollevare il morale della truppa fu il miglioramento nella distribuzione della posta che veniva distribuita regolarmente anche nelle prime linee l' esercito iniziò a fornire anche le cartoline postali con immagini e fotografie che tendono generalmente ad tranquillizzare e a trasmettere messaggi rassicuranti alle famiglie. La posta infatti era l'unica cosa che poteva portare conforto ai soldati poiché riconduceva la loro immaginazione a situazioni familiari. Un' esempio di questo particolare effetto che la corrispondenza ha sui soldati è la lettera che il soldato Enzo Valentini scrisse alla sua mamma:

“ Mammina cara, 21 ottobre 1915

....La lana che tu mi hai mandato mi difende dal nemico più implacabile e le tue lettere che mi giungono anche qua, mi danno ogni giorno un attimo di gioia che basta alla mia schematica felicità di fantaccino