[Cabrinews] PISA e i finlandesi
Laura Catastini
catastin a mat.uniroma2.it
Ven 20 Feb 2009 06:35:53 CET
meno male che qualcuno le parole le ha ritrovate.
ringrazio walter, alessandra mariotti e mariolina bussi.
laura
Il giorno 19/feb/09, alle ore 23:24, walter maraschini ha scritto:
> E invece debbo dire che non sono del tutto d'accordo con i filo-
> finlandesi, ...
>
> O meglio, non si può mai importare un modello e trasferirlo in
> un'altra realtà senza considerarne parametri e variabili al contorno.
> A me pare che i punti forti dell'esperienza finlandese siano quattro:
> a) una complessiva responsabilizzazione precoce (unita a rispetto)
> dei ragazzi e dei bambini (comune alle realtà nord e centro europee)
> possibile anche per un tasso di "civiltà" più elevato (ho insegnato
> a Praga per tre anni e a quattro-cinque anni i bambini vanno a
> scuola da soli perché funzionano tram e metro e perché ai passaggi
> pedonali e ai semafori le macchine si fermano, e con largo anticipo);
> b) la immediata presa in carico di studenti in difficoltà da parte
> di squadre di insegnanti appositamente dedicati al problema, come
> giustamente sottolinea Enrico Pontorno (su questo vedi il rapporto
> McKinsey sintetizzato nella newsletter di Animat, scaricabile dal
> sito www.animatinrete.it) - altro che l'insensatezza dei "corsi di
> recupero" che ulteriormente deresponsabilizzano i ragazzi facendo
> loro pensare che "aggratis", senza loro diretti responsabilità e
> studio, la scuola, lo stato, una mamma imbocchino loro la
> matematica, come le ostie piene di formule che inghiottivano i
> protagonisti di uno dei viaggi di Gulliver di Swift;
> c) la quota di investimento sulla formazione in rapporto al PIL che
> rende possibile l'intervento precedente (cfr. lo stesso rapporto, e
> d'accordo con Moretto). Peraltro la Finlandia ha poco più di 5
> milioni di abitanti (1/10 dell'Italia) e la complessità di questi
> problemi aumenta almeno quadraticamente rispetto alla popolazione;
> d) il sistema di formazione iniziale e in servizio degli insegnanti,
> molto articolato a differenza del nostro inesistente. Cito da
> Bartolini: "research-based teacher
> education seems to have some influence. But the true explanation may
> be a combination of several factors".
>
> Anche a me pare giusto che se l'obiettivo è insegnare a parlare
> inglese, non si faccia tanto e solo storia della letteratura inglese.
> Anche a me pare bello che si faccia lavorare, congetturare,
> "laboratoriare".
> Anche a me pare impossibile ritornare ai vecchi modelli liceali
> della nostra scuola, il cui difetto non sta tanto nel fatto che
> fosse pensata per formare le "classi dirigenti" (non vorremmo forse
> che potenzialmente tutti siano dirigenti, almeno di se stessi?)
> quanto nel fatto che fosse - e lo è tuttora - modellata sui figli di
> dirigenti e benestanti. La nostra è una scuola che non rimescola le
> carte, ma complessivamente conferma le posizioni sociali di
> appartenenza.
> Anche io odio le interrogazioni e un tempo scuola concepito come un
> interludio tra una verifica e un'altra.
>
> MA
>
> la scuola è il tempo dello studio;
> lo studio, la riflessione e la costruzione di un pensiero
> organizzato (ancorché sensato, emozionante e anche divertente) sono
> il centro di questo tempo, il tempio;
> verificare modi e tempi dell'apprendimento non costituisce un
> miserabile antidoto al possibile ricorso, ma un dovere per
> l'apprendimento stesso, un diritto dello studente (sempre - imporrei
> quasi per legge! - riconsegnare i compiti scritti entro una
> settimana);
> imparare bene qualcosa (soprattutto la matematica, con i suoi
> aspetti linguistico-formali così come concettuali, operativi e
> strumentali e necessariamente astratti) richiede una miscela
> difficile, ma ineludibile. Tal quale imparare a suonare uno
> strumento: la lettura dello spartito, la noia di eseguire le scale,
> l'emozione di eseguire maldestramente un Bach, la gioia e il
> divertimento di inventare una melodia, anche una semplice canzoncina.
> Rimango sempre imbarazzato, e sono benevolmente severo, di fronte
> alla ingenua richiesta di qualche studente che di fronte a un
> compito andato male mi implora di interrogarlo, "per rimediare": ha
> in testa un modello a me alieno, quello dei "brasiliani", per dirla
> con Accascina, o quello di latino, greco o inglese: vabbè, la
> sostanza non la so, però la vita di Tertulliano o Shakespeare te la
> posso sempre recitare. Ma la matematica non è recitabile. Non
> abbocco mai, e per questo sono sempre sospettoso sull'introduzione
> di elementi di storia della matematica nell'insegnamento della
> matematica (non fraintendetemi: a me non piace il fatto che un
> abborracciato racconto della matematica sostituisca la matematica
> stessa, i suoi linguaggi e i suoi concetti, non che essa non sia
> condita dei suoi plurimi sviluppi storico-sociali, anche fonte, e
> bella, di interesse)
>
> Certo, se per tredici anni di seguito (come gli anni di scuola) ti
> fanno solo fare le scale su un violino, il violino poi lo fracassi
> comprensibilmente sulla testa del maestro. Ma se qualcuno ti
> dicesse, così, senza "maestria", sperimenta il violino, e basta,
> forse solo l'alunno Paganini N., uno su 10 alla n, emergerebbe, e
> sarebbe bravissimo!
>
> Dunque, non semplifichiamo il problema, che è complesso di per sé.
> Poi: gli ultimi episodi di stragi nelle scuole proprio in Finlandia
> occorsero, ...
>
> walter maraschini
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