[Cabrinews] Esame di Stato, si può allargare?

Paolo Bonavoglia paolo.bonavoglia a poste.it
Mar 17 Lug 2007 18:55:23 CEST


Daniela Valenti ha scritto:
> 3. le valutazioni approssimate di lunghezze, aree, volumi, risultati 
> di espressioni numeriche, soluzioni di equazioni, ...
Scusate se prendo spunto da questo accenno alla matematica numerica per 
infliggervi ancora due citazioni, che forse molti di voi già conoscono.
Dall'introduzione alla "Didattica della matematica" di Emma Castelnuovo, 
copio e incollo queste affermazioni fatte a inizio Novecento da Federigo 
Enriques e Guido Castelnuovo (che erano poi lo zio e il padre dell'autrice):

Dice Enriques nel 1906:

«Se le matematiche - egli dice - vengono così spesso riguardate come 
inutile peso dagli allievi, dipende in parte almeno dal carattere troppo 
formale che tende a prendere quell'insegnamento, da un falso concetto 
del rigore tutto inten­to a soddisfare certe minute esigenze di parole, 
da una critica analitica eccessiva e fuori di posto, della quale invero 
baste­rebbe ritenere il risultato sintetico che pone nell'esperimento la 
base della geometria. Ma queste tendenze si riattaccano ad una causa piu 
generale; cioè al fatto che le matematiche siano state studiate come un 
organismo a sé, riguardandone piutto­sto la sistemazione astratta 
conseguita dopo uno sviluppo seco­lare, che non l'intima ragione 
storica. Si dimenticano per tal modo i problemi concreti che 
conferiscono interesse alle teo­rie, e sotto la formula o lo sviluppo 
del ragionamento non si vedono più i fatti ormai da lungo tempo 
acquisiti, ma soltan­to la concatenazione in cui noi artificialmente li 
abbiamo stretti».

E dice Castelnuovo nel 1912:

«È questo il torto precipuo dello spirito dottrinario che invade la 
nostra scuola. Noi vi insegnamo a diffidare dell'approssimazione, che è 
real­tà, per adorare l'idolo di una perfezione che è illusoria. Noi vi 
rappresentiamo l'universo come un edificio, le cui linee hanno una 
perfezione geometrica e ci sembrano sfigurate ed an­nebbiate in causa 
del carattere grossolano dei nostri sensi, mentre dovremmo far 
comprendere che le forme incerte rivela­teci dai sensi costituiscono la 
sola realtà accessibile, alla quale sostituiamo, per rispondere a certe 
esigenze del nostro spi­rito, una precisione ideale... Non v'è modo 
migliore per rag­giungere lo scopo che accostando ad ogni passo la 
teoria alla esperienza, la scienza alle applicazioni... Le 
considerazioni che ho esposte sinora in favore di una riforma del nostro 
insegna­mento prendevano di mira gli interessi dei giovani che aspi­rano 
alle libere professioni. Di questi soprattutto dobbiamo tener conto, sia 
perché costituiscono la grande maggioranza del­le nostre scolaresche, 
sia perché su di essi principalmente deve fare assegnamento il paese nel 
suo progressivo sviluppo. I pa­dri ce li affidano perché noi ne formiamo 
degli uomini atti a comprendere la vita di cui oggi vivono le nazioni e 
a parte­ciparvi. Se noi non teniamo conto di queste esigenze, se noi per 
amore della cultura soffochiamo in questi discepoli il senso pratico e 
lo spirito d'iniziativa, noi manchiamo al maggiore dei nostri doveri ».

Molte di queste affermazioni sembrano ricalcare da vicino cose dette in 
questi giorni su questa lista.

La cosa che mi sconcerta è: come mai dopo 100 anni siamo ancora più o 
meno allo stesso punto nella didattica della matematica?

-- 
	Un cordiale saluto

	Paolo Bonavoglia

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