[Cabrinews] A proposito del programma sloveno

Domingo Paola domingo.paola a tin.it
Mer 11 Lug 2007 21:23:38 CEST


Mi permetto di aggiungere un ulteriore spunto di riflessione alle 
considerazioni di Paolo Bonavoglia, che è sempre un piacere leggere.
Sicuramente quello di rendere sempre più autonomi gli studenti nella 
capacità di leggere e comprendere testi matematici è, insieme alla 
risoluzione di problemi, uno degli obiettivi più importanti di un corso 
scolastico. Il punto è "come e che cosa fare per aiutare davvero gli 
studenti a conseguire questo obiettivo?". In una scuola selettiva è 
abbastanza semplice: chi impara a camminare con le proprie gambe (non 
importa come e perché) va avanti e cammina; gli altri si fermano. La scuola 
selettiva ha sicuramente sfornato ottimi professionisti, ma non mi sembra 
sia riuscita a formare una buona immagine della matematca presso il 
cittadino medio, né, tantomeno, una discreta preparazione, utile per 
orientarsi, almeno, nelle informazioni veicolate per via numerica o grafica. 
E in una scuola, come quella attuale, che non deve esercitare alcuna 
funzione selettiva (nè esplicita, né nascosta)? Uno dei problemi (insieme a 
tanti altri, anche più rilevanti che, però, non prendo ora in 
considerazione, perché comportano una riflessione molto più ampia articolata 
e approfondita) è quello della "lectio", della lezione, che, a mio avviso, 
non può riuscire a fornire agli studenti le competenze necessarie per 
leggere e comprendere un testo. Cerco di spiegarmi meglio, nello spazio 
concesso da una forma di comunicazione come questa. La lectio era rivolta a 
(e funzionava con) persone che avevano una certa esperienza dell'argomento, 
fortemente motivate a seguire la presentazione, l'analisi, il commento 
dell'esperto. La lezione non è adatta a studenti che non hanno una buona 
esperienza degli argomenti presentati a lezione (almeno di quelli che sono 
prerequisiti per seguire la lezione). Io penso che, prima di passare alla 
"lezione" e quindi alla lettura di un libro di testo, ossia a un un tipo di 
insegnamento - apprendimento di tipo ricostruttivo simbolico, sia necessario 
far fare agli studenti tante, tante, tante esperienze di attività e di 
ambienti matematici. Le risorse che oggi mettono a disposizione le nuove 
tecnologie sono, sotto questo punto di vista, notevoli. È possibile 
costruire veri e propri ambienti di insegnamento - apprendimento che 
consentano di fare esperienza con diverse rappresentazioni degli oggetti 
matematici (numeriche, grafiche, simboliche). È possibile favorire la 
produzione personale degli studenti, studiare non solo le loro produzioni 
numeriche, grafiche e simboliche, ma anche le frasi appena accennate, con un 
linguaggio improprio, spesso accompagnato da gesti significativi e 
appropriati.  Antinucci afferma che è necessario passare da un tipo di 
apprendimeto ricostruttivo - simbolico a uno di tipo percettivo - motorio. 
Io sono convinto che è necessario preparare gli studenti a poter seguire la 
(e poi a interessarsi alla) lettura dei testi. Quindi tante esperienze di 
ambienti e oggetti matematici grazie all'uso di strumenti (anche antichi, 
perché no?, se ci sono competenze da parte dei docenti e interesse da parte 
degli studenti), sistemazioni parziali da parte degli studenti, studiate e 
seguite con attenzione dagli insegnanti e poi graduali sistemazioni da parte 
degli insegnanti, lettura dei libri, approfondimenti ... certo è necessario 
tanto tempo ed è necessario sfoltire ... ecco perché sarebbe bene che 
l'esame di stato mirasse a verificare il possesso di competenze essenziali e 
la comprensione di concetti fondamentali
Domingo Paola



----- Original Message ----- 
From: "Paolo Bonavoglia" <paolo.bonavoglia a poste.it>
To: "Lista di discussione sul software matematico" 
<cabrinews a liste.keynes.scuole.bo.it>
Sent: Wednesday, July 11, 2007 7:49 PM
Subject: [Cabrinews] A proposito del programma sloveno


Rientrato a Venezia lunedì sera dopo un breve periodo di vacanze ho
scaricato la posta e per la lista Cabrinews decine e decine di
interventi, e non so se avrò mai tempo ed energia per leggere tutto da
cima a fondo.

Però alcune mail mi hanno colpito perché toccano punti che mi paiono
"critici", prima di tutte la segnalazione di Sergio Invernizzi del
programma sloveno:
>
> http://www.ric.si/mma_bin.php/$fileI/2006061613511100/$fileN/M-MAT-I-2007.pdf
>

    Non ho letto tutto il documento ma l'impronta mi pare decisamente
"austriaca", già nell'uso del termine "Maturità". "Matura" era il nome
usato nell'impero austriaco (e ancora oggi nei tanti stati nati dai
pezzi di quell'impero) per quello che in Germania si chiamava e si
chiama Abitur e in Francia Baccalaureat.

    Per non farla troppo lunga mi limito a commentare due cose che mi
hanno colpito; primo di tutti il punto numero 1 degli obiettivi
didattici del programma:
> leggere un testo matematico e saperlo interpretare in maniera corretta;
    Questo è veramente un punto critico; e mi viene in mente quello che
scriveva Carlyle quasi due secoli fa: "Se ci pensiamo, tutto quello che
un'Università o scuola superiore può fare per noi è ancora e solo quello
che la scuola elementare inizia a fare: insegnarci a leggere."

    Io credo che il maggior fallimento come insegnante non lo misuro
tanto quando scopro lo studente che risolve l'equazione 7x = 0 in x = -7
o altre perle consimili, ma quando mi sento dire da uno studente "Il
libro di matematica non riesco proprio a leggerlo, non si capisce
niente." Spesso ho accusato i libri di essere malfatti, ma il vero
problema è che oggi la maggior parte degli studenti non è capace di
leggere autonomamente un libro di matematica. In altre parole fallisce
già sul punto 1 degli obiettivi didattici del programma sloveno; e
fallisce sull'unico punto del "programma di Carlyle".
    Mi permetto di inserire qui un ricordo personale del mio liceo, e si
parla del liceo classico di 40 anni fa; rivedo una situazione molto
diversa da quella di oggi. La mia prof. di matematica (due ore alla
settimana)  non faceva mai lezione frontale, non ci provava neanche a
spiegare qualcosa alla lavagna, si limitava a dire "prendiamo il libro a
pag, tale, leggiamo questa frase, facciamo questo esercizio", a
interrogare in tempi e modi da telequiz e alla fine un bel po' di
esercizi, problemi e pagine da studiare per casa. Non c'era nessun
dialogo tra insegnante e studenti, valeva la legge "studiate il libro e
arrangiatevi". Non tutti i docenti erano così "chiusi" ma non era
nemmeno un caso eccezionale.
    Il punto chiave che emerge da questi miei ricordi e' che la
matematica io la studiavo al 90% per conto mio; avevo certo la fortuna
di avere in famiglia i miei veri insegnanti di matematica (mio padre e
mio nonno), ma non è che mi potessero dedicare tanto tempo; il 90%
dovevo farlo da solo.
    Un fatto negativo essere costretto a cavarsela da solo?
    Per tanto anni come insegnante ho cercato di fare il contrario di
quella mia prof:  spiegare tutto in classe, e poi magari rispiegare a
richiesta, preparare materiali su molti argomenti, rispondere alle
domande e fare domande agli studenti insomma di cercare di fare tutto in
classe riducendo il lavoro a casa a una sorta di appendice secondaria.
Questo metodo sembra del resto essere quello oggi "politicamente
corretto"; le famiglie pretendono che gli studenti capiscano tutto in
classe in modo da avere tanto tempo libero al pomeriggio e nel fine
settimana.
    Un fatto positivo essere sempre assistiti e aiutati e coccolati in
questo modo e non doversela mai cavare da soli?

    Il mio dubbio ora è che sia questo il vero disastro, la mancanza di
autonomia, il non saper camminare sulle proprie gambe; non quello
lamentato anche qui molte volte sulla mancanza di tempo (3 ore sono
troppo poche ...).

    Ovvio: se si pretende che lo studente faccia e capisca tutto il
programma di matematica in quelle tre ore senza un lavoro personale al
di fuori di quelle si pretende l'impossibile. Lo studente che sa
studiare da solo potrà viceversa andare anche al di la' del programma.

    In una scuola secondaria è forse utopistico sperare di avere un 100%
di studenti capaci di cavarsela veramente da soli, ma l'obiettivo deve
essere quello.


    La seconda cosa che mi ha colpito è la pignoleria "asburgica" con la
quale vengono speficicati i criteri di valutazione delle prove d'esame,
p.es.:
> 1. Totale: 6 punti
> Calcolo di [   ]......................................... (1+1) 2 punti
> (per la formula o la sua applicazione nel calcolo: *1 punto;
> se il modulo non è indicato in modo diverso dal vettore, al candidato si 
> assegna al massimo 1 punto)..2 punti
> Il prodotto scalare 
> ..............................................................................................2 
> punti

    Immagino che la maggior parte degli insegnanti e dei pedagogisti
italiani inorridiscano di fronte a simile teutonica pignoleria. In
Italia ci trastulliamo con le griglie, detto fuori dei denti, una delle
cose più ridicole della scuola italiana degli ultimi anni: formulazioni
vaghe, confuse e fondamentalmente inapplicabili; e infatti non so quanti
provino ad applicarle; negli esami ho assistito solo a singolari
applicazioni alla rovescia: "Allora su questo orale siamo tutti
d'accordo che è da 30. E ora mettiamo un po' di numeri nella griglia in
modo che venga fuori 30"

    Avevo già scritto che un esame nel quale le prove d'esame vengono
fornite dal ministero, ma non vengono forniti criteri di valutazione ben
definiti, perde in partenza l'unico senso che un esame conclusivo
potrebbe avere: quello di un controllo di qualità omogeneo del livello
di preparazione degli studenti e delle scuole.
    E se l'esame perde questo senso, non so proprio perché continuare a
tenerlo in piedi, se non per il criterio della "gran tradizione" (c'è
sempre stato, noi lo abbiamo fatto, quindi deve restare lì per sempre).
    I criteri di valutazione "asburgici" del programma sloveno ci
possono sembrare eccessivi, ma almeno sono criteri ben definiti.

    Anche per questo non ho sottoscritto la proposta del Syllabus.
L'idea nasce da un'ottima intenzione e da un fatto grave  (non ho mai
insegnato in un liceo scientifico non entro nel merito della prova, ma
se è vero che tante classi e studenti la hanno lasciata in  bianco o
quasi la cosa è comunque seria), ma non mi convince per almeno due motivi:

1.   Creare un Syllabus accanto al programma ministeriale suonerà anche
bene ma è un doppione; di fatto il Syllabus finirebbe per sostituire il
programma e renderebbe ancora più ingombrante e condizionante la
presenza dell'esame conclusivo, che è uno dei motivi per cui vorrei
vedere l'esame abolito o almeno ridimensionato (p.es. con un 80% al
credito scolastico e un 20% alle prove d'esame).
2.   Se accanto al programma "unico nazionale" non si introducono
criteri di valutazione "unici nazionali" l'esame continua a non avere
senso e ad essere solo una fonte di problemi (questo della prova di
matematica del 2007 è solo l'ultimo di una lunga serie).

-- 
Un cordiale saluto

Paolo Bonavoglia

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