[Cabrinews] A proposito del programma sloveno
Paolo Bonavoglia
paolo.bonavoglia a poste.it
Mer 11 Lug 2007 19:49:30 CEST
Rientrato a Venezia lunedì sera dopo un breve periodo di vacanze ho
scaricato la posta e per la lista Cabrinews decine e decine di
interventi, e non so se avrò mai tempo ed energia per leggere tutto da
cima a fondo.
Però alcune mail mi hanno colpito perché toccano punti che mi paiono
"critici", prima di tutte la segnalazione di Sergio Invernizzi del
programma sloveno:
>
> http://www.ric.si/mma_bin.php/$fileI/2006061613511100/$fileN/M-MAT-I-2007.pdf
>
>
Non ho letto tutto il documento ma l'impronta mi pare decisamente
"austriaca", già nell'uso del termine "Maturità". "Matura" era il nome
usato nell'impero austriaco (e ancora oggi nei tanti stati nati dai
pezzi di quell'impero) per quello che in Germania si chiamava e si
chiama Abitur e in Francia Baccalaureat.
Per non farla troppo lunga mi limito a commentare due cose che mi
hanno colpito; primo di tutti il punto numero 1 degli obiettivi
didattici del programma:
> leggere un testo matematico e saperlo interpretare in maniera corretta;
Questo è veramente un punto critico; e mi viene in mente quello che
scriveva Carlyle quasi due secoli fa: "Se ci pensiamo, tutto quello che
un'Università o scuola superiore può fare per noi è ancora e solo quello
che la scuola elementare inizia a fare: insegnarci a leggere."
Io credo che il maggior fallimento come insegnante non lo misuro
tanto quando scopro lo studente che risolve l'equazione 7x = 0 in x = -7
o altre perle consimili, ma quando mi sento dire da uno studente "Il
libro di matematica non riesco proprio a leggerlo, non si capisce
niente." Spesso ho accusato i libri di essere malfatti, ma il vero
problema è che oggi la maggior parte degli studenti non è capace di
leggere autonomamente un libro di matematica. In altre parole fallisce
già sul punto 1 degli obiettivi didattici del programma sloveno; e
fallisce sull'unico punto del "programma di Carlyle".
Mi permetto di inserire qui un ricordo personale del mio liceo, e si
parla del liceo classico di 40 anni fa; rivedo una situazione molto
diversa da quella di oggi. La mia prof. di matematica (due ore alla
settimana) non faceva mai lezione frontale, non ci provava neanche a
spiegare qualcosa alla lavagna, si limitava a dire "prendiamo il libro a
pag, tale, leggiamo questa frase, facciamo questo esercizio", a
interrogare in tempi e modi da telequiz e alla fine un bel po' di
esercizi, problemi e pagine da studiare per casa. Non c'era nessun
dialogo tra insegnante e studenti, valeva la legge "studiate il libro e
arrangiatevi". Non tutti i docenti erano così "chiusi" ma non era
nemmeno un caso eccezionale.
Il punto chiave che emerge da questi miei ricordi e' che la
matematica io la studiavo al 90% per conto mio; avevo certo la fortuna
di avere in famiglia i miei veri insegnanti di matematica (mio padre e
mio nonno), ma non è che mi potessero dedicare tanto tempo; il 90%
dovevo farlo da solo.
Un fatto negativo essere costretto a cavarsela da solo?
Per tanto anni come insegnante ho cercato di fare il contrario di
quella mia prof: spiegare tutto in classe, e poi magari rispiegare a
richiesta, preparare materiali su molti argomenti, rispondere alle
domande e fare domande agli studenti insomma di cercare di fare tutto in
classe riducendo il lavoro a casa a una sorta di appendice secondaria.
Questo metodo sembra del resto essere quello oggi "politicamente
corretto"; le famiglie pretendono che gli studenti capiscano tutto in
classe in modo da avere tanto tempo libero al pomeriggio e nel fine
settimana.
Un fatto positivo essere sempre assistiti e aiutati e coccolati in
questo modo e non doversela mai cavare da soli?
Il mio dubbio ora è che sia questo il vero disastro, la mancanza di
autonomia, il non saper camminare sulle proprie gambe; non quello
lamentato anche qui molte volte sulla mancanza di tempo (3 ore sono
troppo poche ...).
Ovvio: se si pretende che lo studente faccia e capisca tutto il
programma di matematica in quelle tre ore senza un lavoro personale al
di fuori di quelle si pretende l'impossibile. Lo studente che sa
studiare da solo potrà viceversa andare anche al di la' del programma.
In una scuola secondaria è forse utopistico sperare di avere un 100%
di studenti capaci di cavarsela veramente da soli, ma l'obiettivo deve
essere quello.
La seconda cosa che mi ha colpito è la pignoleria "asburgica" con la
quale vengono speficicati i criteri di valutazione delle prove d'esame,
p.es.:
> 1. Totale: 6 punti
> Calcolo di [ ]......................................... (1+1) 2 punti
> (per la formula o la sua applicazione nel calcolo: *1 punto;
> se il modulo non è indicato in modo diverso dal vettore, al candidato
> si assegna al massimo 1 punto)..2 punti
> Il prodotto scalare
> ..............................................................................................2
> punti
Immagino che la maggior parte degli insegnanti e dei pedagogisti
italiani inorridiscano di fronte a simile teutonica pignoleria. In
Italia ci trastulliamo con le griglie, detto fuori dei denti, una delle
cose più ridicole della scuola italiana degli ultimi anni: formulazioni
vaghe, confuse e fondamentalmente inapplicabili; e infatti non so quanti
provino ad applicarle; negli esami ho assistito solo a singolari
applicazioni alla rovescia: "Allora su questo orale siamo tutti
d'accordo che è da 30. E ora mettiamo un po' di numeri nella griglia in
modo che venga fuori 30"
Avevo già scritto che un esame nel quale le prove d'esame vengono
fornite dal ministero, ma non vengono forniti criteri di valutazione ben
definiti, perde in partenza l'unico senso che un esame conclusivo
potrebbe avere: quello di un controllo di qualità omogeneo del livello
di preparazione degli studenti e delle scuole.
E se l'esame perde questo senso, non so proprio perché continuare a
tenerlo in piedi, se non per il criterio della "gran tradizione" (c'è
sempre stato, noi lo abbiamo fatto, quindi deve restare lì per sempre).
I criteri di valutazione "asburgici" del programma sloveno ci
possono sembrare eccessivi, ma almeno sono criteri ben definiti.
Anche per questo non ho sottoscritto la proposta del Syllabus.
L'idea nasce da un'ottima intenzione e da un fatto grave (non ho mai
insegnato in un liceo scientifico non entro nel merito della prova, ma
se è vero che tante classi e studenti la hanno lasciata in bianco o
quasi la cosa è comunque seria), ma non mi convince per almeno due motivi:
1. Creare un Syllabus accanto al programma ministeriale suonerà anche
bene ma è un doppione; di fatto il Syllabus finirebbe per sostituire il
programma e renderebbe ancora più ingombrante e condizionante la
presenza dell'esame conclusivo, che è uno dei motivi per cui vorrei
vedere l'esame abolito o almeno ridimensionato (p.es. con un 80% al
credito scolastico e un 20% alle prove d'esame).
2. Se accanto al programma "unico nazionale" non si introducono
criteri di valutazione "unici nazionali" l'esame continua a non avere
senso e ad essere solo una fonte di problemi (questo della prova di
matematica del 2007 è solo l'ultimo di una lunga serie).
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Un cordiale saluto
Paolo Bonavoglia
Cannaregio 3027/R
30121 V E N E Z I A
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