Il problema della separazione isotopica


Gli Stati Uniti non erano stati tra i pionieri dei grandi sviluppi della fisica atomica, ma sin dal 1939 avevano lavorato sulle reazioni con neutroni lenti in uranio naturale, sul plutonio che poteva così essere creato e sulla separazione dell’235U.
L’obiettivo del lavoro non era chiaramente definito e oscillava tra l’energia nucleare e le bombe atomiche, ma con maggiore accentuazione sull’energia. Riguardo all’235U, l’attenzione si rivolgeva soprattutto all’arricchimento dell’uranio naturale per reattori a neutroni lenti, e poco lavoro veniva compiuto sulle reazioni con neutroni veloci.
Gli inglesi tennero gli americani pienamente informati del loro lavoro, dimostrando la realizzabilità della bomba, così da spingere il progetto americano a decollare. L’impegno atomico americano allora si moltiplicò mirabilmente, e nel giro di sei mesi il programma inglese era abbondantemente superato. Nel giugno del ’42, cominciò lo sviluppo industriale e l’esercito statunitense, sotto la direzione del generale Groves, si assunse la responsabilità del “Progetto Manhattan”.
Dopo Pearl Harbour, gli Stati Uniti orientarono la massiccia potenza delle proprie organizzazioni industriali e di ricerca verso la produzione di bombe atomiche. Si pensava ancora che una bomba a 235U offrisse le migliori prospettive di successo.
Vi sono diversi modi di separare l’235U fissile dall’238U non fissile: si pensava che, di tutte queste alternative, quattro fossero promettenti e potessero essere impiegate su scala industriale:
1) Separazione per centrifugazione. In un sale fluido di uranio, le molecole che contengono l’isotopo 235U sono più leggere di quelle contenenti l’isotopo  238U. Centrifugando il sale, si ottiene un certo grado di separazione delle molecole più leggere da quelle più pesanti.
2) Separazione termica. Se si introduce un sale fluido di uranio nella stretta intercapedine compresa tra due tubazioni, delle quali quella esterna viene raffreddata e quella interna viene riscaldata, le molecole contenenti l’isotopo più leggero (235U) tendono a muovere verso la parete della tubazione calda, mentre quelle contenenti l’isotopo più pesante (238U) muovono verso la tubazione fredda. Con tubazioni verticali, le molecole più leggere saliranno verso la sommità e quelle più pesanti cadranno verso il fondo. La separazione sarà tanto maggiore quanto più lunga la tubazione.
3) Separazione elettromagnetica. Le molecole di un gas possono essere ionizzate (cioè può essere conferita loro carica elettrica) se sono esposte a una carica elettrica. Tali molecole ionizzate possono essere accelerate attraverso un altro campo elettrico e, facendole passare attraverso opportune fessure, è possibile controllare la direzione del movimento. Se questo “getto” di molecole ionizzate passa attraverso un campo magnetico, la sua traiettoria viene piegata ad assumere forma circolare. La velocità iniziale impartita alle molecole è la stessa per tutte e il campo magnetico esercita la stessa forza su tutte le molecole. Ma se alcune di queste sono più pesanti, esse avranno una maggiore quantità di moto e verranno deviate meno facilmente. Così la loro traiettoria avrà raggio maggiore di quella delle molecole più leggere, e quindi molecole pesanti e molecole leggere colpiranno bersagli differenti e potranno essere separate. Questo principio era già impiegato da molti anni, su scale di laboratorio, nello spettrometro di massa.
4) Diffusione gassosa. Questa era la tecnica consigliata dagli scienziati inglesi. In un gas, l’energia cinetica di ogni molecola è la stessa e dipende dalla temperature del gas. Ne consegue che in una miscela di gas le molecole leggere debbano avere velocità maggiore di quelle pesanti: altrimenti le loro energie cinetiche non potrebbero essere uguali. Se un gas costituito da molecole di peso differente è racchiuso in un contenitore poroso, i gas diffonderanno attraverso le pareti e attraverso la barriera porosa o la membrana passeranno più molecole leggere che pesanti: infatti, dal momento che le prime viaggiano più veloci delle seconde, è più probabile che, in un movimento casuale, esse “centrino” un foro. Se il gas che si è diffuso attraverso la membrana non viene immediatamente allontanato, si verificherà un analogo processo di diffusione  in senso inverso, con tassi differenti; se, invece, il gas che si è diffuso attraverso la membrana viene subito separato, si troverà in esso un contenuto maggiore di molecole leggere. Quindi, trattando in questo modo un composto gassoso di uranio, il gas che diffonde attraverso la membrana sarà leggermente arricchito delle molecole più leggere, quelle contenenti l’isotopo235U.
 
Il composto di uranio impiegato in tutti questi processi (eccetto che nella separazione elettromagnetica) è l’esafluoruro di uranio, UF6. Due sono le ragioni di questa scelta: In primo luogo l’esafluoruro di uranio è liquido o gassoso a livelli convenienti di temperatura e di pressione; in secondo luogo, il fluoro non ha isotopi i cui pesi differenti possano mascherare la differenza di peso tra 235U e 238U.
Lavorando con priorità assoluta e praticamente senza preoccupazione di costi, il Progetto Manhattan degli americani impiegò tutte queste tecniche alternative, a eccezione della prima. In effetti la bomba atomica che fu sganciata su Hiroshima era fatta di 235U che era stato in parte arricchito in impianti di diffusione gassosa e di separazione termica e poi inviato a un impianto di separazione elettromagnetica per l’arricchimento finale.
Per la misura dell’impegno delicato, la capacità scientifica, il coraggio e la determinazione, e tenendo anche conto del fattore tempo, è dubbio che nella storia della tecnologia si trovi qualche altro esempio che possa essere accostato al lavoro fatto dai partecipanti al Progetto Manhattan per produrre l’235U.

Sul processo di diffusione termica si era cominciato a lavorare dal 1940, presso il National Bureau of  Standards. Nel gennaio ’42 si riteneva che questo metodo potesse competere con la diffusione gassosa o con la centrifugazione; ma l’esperienza mostrò che, se lo si impiegava per produrre 235U altamente arricchito, l’impianto avrebbe presentato lunghi tempi di arresto e avrebbe comportato consumi eccessivi di uranio. Si mise tuttavia in rilievo che si poteva effettuare un arricchimento parziale in un impianto di diffusione termica e che il materiale così parzialmente arricchito poteva essere impiegato per alimentare l’impianto di separazione elettromagnetica, in modo da accrescerne la produzione. Si decise di costruire a Oak Ridge un grande impianto di diffusione termica, che fu completato in 90 giorni. Diede i risultati attesi, ma appariva giustificato solo in condizioni belliche, quando il denaro non rappresentava un ostacolo, cosicché, appena finì la guerra, venne immediatamente smantellato.
Delle quattro tecniche alternative per la produzione di 235U, l’unica che fosse ben consolidata e largamente usata su scala di laboratorio era la separazione elettromagnetica. Da molti anni gli scienziati usavano gli spettrometri di massa; le unità di separazione elettromagnetica erano spettrometri di massa  dimensionati su scala industriale. Tale estrapolazione di dimensioni, peraltro, era così grande che l’impianto risultava complesso, costoso e, sotto vari aspetti, problematico.
I magneti da 4 metri di diametro erano così giganteschi che il Progetto Manhattan non riuscì ad ottenere rame a sufficienza; gli avvolgimenti erano fatti d’argento proveniente dalle camere blindate del Tesoro statunitense.
L’impianto ausiliario era complesso e la dispersione delle molecole era molto maggiore di quanto non ci si aspettasse, cosicché all’inizio larga parte del prodotto schizzava sulle pareti delle camere e andava perduta. Questo problema fu affrontato in parte con una riprogettazione dell’impianto e in parte con un attento controllo dei processi di ricupero chimico. Gradualmente gli inconvenienti vennero superati, ma intanto si erano perduti tempo e prodotto. Fu solo alimentando l’impianto con uranio parzialmente arricchito, proveniente dagli impianti di diffusione gassosa e di separazione termica, che si poté produrre materiale bastante per la prima bomba.



Manhattan Project