[Cabrinews] PISA e i finlandesi

Paolo Francini paolo.francini a uniroma1.it
Sab 21 Feb 2009 00:31:25 CET


Partiamo dalla lingua inglese, proviamo a seguire il filo di Sanna: i
ragazzi italiani non imparano l'inglese per via di Shakespeare.
Vuol dire che gli italiani lo imparano bene Shakespeare?
Vuol dire che fino ai 15-16 anni, fino a che non si inizia con
Shakespeare, i bambini italiani sono mediamente al pari dei finlandesi nella
lingua inglese?
Inoltre, sussistendo lo studio di Shakespeare in tutta la penisola, dovremmo
aspettarci che la padronanza dell'inglese sia suppergiù la stessa nelle
varie regioni? Scommetterei che non è così.

Quanto allo studiare a memoria, per inciso: la memoria e anche l'imparare
delle cose a memoria rivestono molta importanza. Talvolta si tende a non
apprezzarne l'importanza, magari si danno certe cose per scontate al punto
di non coglierle. Io ringrazio molto la mia memoria, che pure non è granché,
ma mi è molto servita. E mi dispiace non possederne di migliore. Il problema
non è l'uso della memoria, semmai la memoria "al posto di".

Discorso che ci porta diritti al problema dei "perché" che svaniscono
soffocati dal "che cosa". E' un punto delicato, che viene toccato da Sanna:
può avere ampiamente ragione -- questi sono mali antichi e ben noti. Dipende
da che insegnanti Sanna ha incontrato. Ma cosa possiamo aspettarci, con la
politica (la non-politica) di formazione, reclutamento, aggiornamento e
valutazione dei docenti in cui siamo da decenni insabbiati? Chiaramente, si
può capitare bene ma anche maluccio, o molto male, con discrete probabilità.
Già è tanto che ancora la baracca si regga in qualche modo.

Ovviamente con bravi insegnanti i perché saltano fuori con naturalezza: non
c'è da scomodare chissà quali grandi innovazioni.

Se guardiamo determinate aree territoriali dell'Italia, tipo Friuli o
Veneto, i livelli medi nel PISA 2006 non raggiungono la Finlandia ma ci si
avvicinano. Al contrario, in altre aree la situazione è prossima al Messico
o al Marocco. Non vanno rimossi certi aspetti macroscopici.
Ogni tentativo di spiegazione, per quanto fascinoso, che non dia conto di
queste differenze non ha molto valore.

Quando si identifica con disinvoltura quale questione centrale (che
determinerebbe i limiti della scuola italiana) la questione dei curricoli o
di una generica vetustà didattica (problema che pure esiste), o magari il
mancato decollo delle competenze, bisognerebbe al contempo dar conto di tali
macroscopiche differenze a partire da quella ipotesi. Com'è che a parità di
ordinamenti, di programmi, di libri di testo, di esami, di normative che
regolano i corsi, e quant'altro, le cose cambiano a tal punto?

Se i risultati fossero ovunque quelli friulani, grossomodo tutti
concorderemmo nell'accontentarci discretamente -- sbaglio?
Invece di balzare direttamente verso la Finlandia, forse un balzo un po'
pretenzioso e si rischia di far ridere, perché non si comincia dal Friuli?
Intanto studiamo come fanno lì (è anche più vicino e più comodo per
organizzare le trasferte e lo scambio di docenti) -- alla Finlandia ci
penseremo poi con più calma se ci teniamo.

Che il problema non sia la natura, o la vecchiezza, della scuola italiana,
ma qualche cos'altro che a parità di tali fattori determina livelli
qualitativi profondamente diversi, sia su scala geografica, sia da un
istituto all'altro? [l'autonomia scolastica non sembra avere avuto nel
complesso alcun effetto corroborante]

Per esempio, la scuola elementare: un po' meglio di tutto il resto, forse
molto meglio.
Anche il divario geografico nella scuola elementare sembra ridursi
notevolmente (rispetto a quanto accade successivamente), per quel che i dati
esistenti suggeriscono.
Non sarà che, semplicemente, quasi banalmente, essa è stato l'unico segmento
nel quale, vuoi per il suo compito sociale, (fino a pochi anni fa) i
concorsi si sono banalmente svolti regolarmente ogni 2 anni. Il futuro
maestro si diplomava e nel giro di due anni massimo aveva occasione di fare
il concorso e passare immediatamente di ruolo. I vincitori selezionati
entravano, gli altri potevano riprovare due anni dopo, ma non si andava a
scavare troppo giù in graduatoria. Se arrivavano altri diplomati migliori e
lo scavalcavano, restava a bocca asciutta. La contendibilità di un posto su
base selettiva e regolare aumenta spontanemante il livello e la motivazione
degli aspiranti.

Non si è mai formata quasi nessuna sacca di precariato, non ci sono state
sanatorie (se ci sono state, nulla di paragonabile a quanto accaduto negli
altri settori). Inoltre i maestri uscivano dall'istituto magistrale, che
aveva un'identità spiccatamente vocazionale: avevano seguito una loro
formazione all'insenamento, sulla carta equilibrata. I compiti di maturità
di matematica delle magistrali avevano aspetti interessanti.

Ecco, potrebbe anche essere tutto o quasi tutto qui: che con le scuole
elementari si sono fatte le cose un po' meglio, con un minimo di senno, con
più diligenza nel rispettare i minimi di una buona organizzazione? Abbiamo
la tendenza ad annegare i fatti sotto grandi fardelli, a cercare spiegazioni
scomodando sistemi, mode filosofiche, ideologiche, pedagogiche (con ciò
sottraendoci da precise responsabilità e da margini d'intervento
efficaci) -- quando invece i fatti a ben guardarli trovano spesso
motivazioni più umili e più semplici e anche -se si vuole- più utili per
intervenirvi.


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Dato che ho l'occasione di essere in contatto con una ragazza finlandese che
ha seguito un intero anno scolastico in Italia, con Intercultura, le ho
chiesto sui risultati formidabili dei suoi connazionali nelle prove
OCSE-PISA. Vi giro la sua risposta senza commento e senza correzione dei
pocchissimi errori.
Non so se i finlandesi sono i migliori del OCSE - Pisa, ma diciamo che non
sarebbe una sorpresa... Specialmente dopo il mio anno in Italia, ho iniziato
a apprezzare la nostra sistema di scuola molto di più... Io penso che il
problema in Italia è che le persone devono studiare a casa e poi vengono a
scuola a fare l'interrogazione in cui devono proprio ricordare tutto a
memoria parola a parola e poi se gli chiedi "perché?", non sanno rispondere
perché non hanno davvero capito quello che hanno studiato... in Finlandia
invece io a volte non studiavo niente a casa e prendevo otto o nove dal
compito soltanto perché avevo capito le cose durante le lezioni... e in
Finlandia nel liceo i professori non guardano se io ho fatto i compiti a
casa, lì loro pensano che siamo assai adulti per decidere le nostre cose e
cmnq fa male a noi se non studiamo perché è la nostra vita. E questo fatto
ci dava la possibilità di studiare di più quella materia che per noi era
difficile e meno quella che era facile. E ci sono anche altre cose che non
mi piacevano nella scuola italiana, per esempio l'ingelse... Io non ho mai
nella mia vita studiato per esempio shakespeare qui in Finlandia, qui è
importante che io so parlare inglese, invece in Italia voi studiate 2-3 anni
la grammatica e poi iniziate a studiare shakespeare il quale scriveva
inglese che nemmeno Samantha, che parla ingelse come la lingua materna,
capiva totalmente... quindi come le persone possono imparare a parlare
inglese, se studiano quel modo della lingua che è morto cento anni fa...
quei sono i miei pensieri (in modo corto)

Sanna

Come vedete ci sono tante occasioni di meditare seriamente e di cominciare a
buttare nella spazzatura tutto il vecchiume che ancora gestisce la scuola
italiana.

Saluti innovativi
Carmelo

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Aurelia Orlandoni
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