La "casa"

In attesa della morte in stalle e baracche sovraffollate.

Animali istupiditi costretti a dimenticare la civiltà.

Nella fotografia una delle baracche di legno del campo di Auschwitz II - Birkenau. Il problema dell'abitare
Nella fotografia una delle baracche di legno del campo di Auschwitz II - Birkenau. Il problema dell'abitare si poneva solamente per coloro che, arrivati al campo, non venivano avviati subito alle camere a gas e ai forni crematori. Questi "fortunati" sostavano per alcune settimane nei reparti di quarantena e poi raggiungevano la loro residenza definitiva. Essa poteva essere di muratura, come ad Auschwitz I, o di legno, come in molti settori del campo Auschwitz II - Birkenau: ma in entrambi i casi la condizione comune era uno straordinario sovraffollamento degli alloggiamenti, soprattutto in coincidenza con l'arrivo di nuovi convogli. Ogni baracca (blocco) era contrassegnata da un numero ed era governata da un responsabile nominato dalle SS.
Entrare e uscire dai blocchi era possibile solo in certi orari e a certe condizioni; in particolare non era possibile uscire in occasione di esecuzioni capitali o di altre operazioni che sconsigliassero la presenza di testimoni.
Il blocco era un punto di riferimento importante per il prigioniero: infatti, quando qualcuno fuggiva dal campo, tra i compagni di blocco dell'evaso venivano scelti alcuni destinati a morire di fame nelle prigioni (ad esempio, padre Massimiliano Kolbe).