Jan Baptiste Say


J.B.Say
(1767-1822) sostiene con la “legge degli sbocchi” che l’offerta crea la propria domanda e quindi il sistema economico tende, nel lungo periodo, spontaneamente all’equilibrio e al pieno impiego delle risorse (qualunque crisi di sovrapproduzione o di disoccupazione sono temporanee). Jan Baptiste Say si presenta come un continuatore di Adam Smith anche se in pratica snatura quasi completamente la teoria smithiana. Ispirandosi a Condillac, nella sua opera  Traité  d’ économie politique (1803), respinge la distinzione tra valore d’uso e valore di scambio, dichiarando che il valore degli oggetti sul mercato «è la misura dell’utilità che è stata loro conferita». Egli si rifiuta perciò di ammettere che la produzione debba essere studiata e analizzata come quel processo per cui il lavoro dell’uomo prepara gli oggetti in vista del consumo.Questa tesi lo conduce a formulare la teoria (oggi ancora adottata da molti) che la produzione si realizza grazie al concorso di tre elementi, dei tre «fattori della produzione» e cioè del lavoro del capitale e degli agenti naturali. A proposito degli agenti naturali, Say osserva che  l’economista deve prestar attenzione solo a quello che risulta appropriato, ossia alla terra, poiché gli altri sono dati gratuitamente. Ciascuno di questi elementi indispensabili, ossia ogni singolo fattore di produzione, apporta il concorso dei suoi «servizi produttivi» ai dirigenti delle imprese e ne riceve in cambio un reddito, che è appunto il prezzo dei suddetti servizi. L’analisi della formazione dei redditi viene ad assumere, allora, una configurazione assolutamente nuova. I salari, i profitti, le rendite fondiarie sono i prezzi di servizi ben definiti e si determinano in funzione dell’offerta e della domanda che di essi vengono fatte.