Malthuz

R.T. Malthus (1766-1834) sosterrà che il capitalismo non è in grado di migliorare le condizioni dei lavoratori, sia perché la popolazione cresce in progressione geometrica (2,4,8,16, …) mentre la produzione dei beni cresce in progressione aritmetica (2,4,6,8,10, …), sia perché la classe salariata non riceve redditi sufficienti ad assorbire la quantità crescente di beni messa sul mercato dal nuovo sistema di produzione industriale. Di conseguenza il capitalismo va incontro a crisi di sovrapproduzione e di ristagno. Se il tasso di accumulazione è maggiore del tasso di crescita della domanda molti prodotti resteranno invenduti; in questa situazione solo i proprietari terrieri possono garantire di assorbire l’eccedenza. Conviene, quindi, fare una politica che sostiene le rendite e non i profitti perché serve un’attività di consumo e non d’investimento.
Mentre Smith aveva cercato di dimostrare che la libertà era il mezzo migliore per accrescere la ricchezza di una nazione e che da un simile arricchimento finivano per trarne giovamento quasi tutti i cittadini, Malthus osserva che questo non  necessariamente era vero dato che la ricchezza può aumentare senza che per questo migliori la situazione dei singoli individui.
Anzi, un simile miglioramento non può assolutamente verificarsi se il numero dei membri della società cresce altrettanto e più rapidamente della quantità di beni disponibili per la soddisfazione dei bisogni.
Sulla base di questa considerazione sostiene che il regime liberale e l’ineguaglianza sociale che ne deriva consentono di migliorare le sorti di almeno una parte dei cittadini dato che determinano una limitazione della spinta demografica.
Al contrario per Malthus un regime di comunanza dei beni e di uguaglianza ridurrebbe fatalmente tutti gli uomini alla miseria.