LA SCUOLA SOCIALISTA

Verso la metà dell’Ottocento la borghesia industriale aveva vinto la propria battaglia in buona parte dell’Europa (Inghilterra, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Italia del Nord), ma la rivoluzione industriale, che aveva consentito un aumento della produzione senza precedenti, aveva creato una numerosa classe lavoratrice costituita da operai salariati e caratterizzata da una estrema povertà. Le condizioni di vita e di lavoro durissime di una parte tanto grande della popolazione erano cause di frequenti tensioni sociali che talvolta sfociavano in rivolte (la “Congiura degli eguali” nel 1796 di François Babeuf, il luddismo che tramite la distruzione delle macchine esprimeva la disperata opposizione operaia di fronte all’avanzare dell’industrializzazione).

La protesta operaia assume una forma nuova ed un assetto organizzativo stabile solo dalla metà dell’Ottocento in poi, dapprima in Inghilterra e poi nel resto d’Europa, soprattutto grazie all’opera di Karl Marx.

Vissuto nel periodo della piena affermazione della borghesia industriale, Marx ne fu un grande ammiratore, ma anche un critico radicale. Erede sul piano scientifico di molte delle idee di Smith e ancor più di quelle di Ricardo, Marx considerò però la loro analisi “storicamente determinata” e non dotata di validità eterna. Egli introdusse nel campo della ricerca storica un metodo completamente nuovo, il materialismo storico che può essere sintetizzato con le sue stesse parole: “Il modo di produzione della vita materiale determina in generale il processo sociale, politico e intellettuale della vita. Non è la coscienza dell’uomo che determina il suo modo di essere, ma il suo modo di essere sociale che determina la sua coscienza”. Quindi l’economia, il sistema economico condiziona le coscienze.

Nonostante la sua decisa critica al capitalismo Marx si distacca nettamente dai primi socialisti, che definisce volgari, ossia non scientifici, perché non studiavano la storia e per cambiare il presente è fondamentale studiare il passato. Egli non nascose mai la sua ammirazione per l’imponente opera di accumulazione messa in moto dalla rivoluzione industriale: “la borghesia ha offerto meraviglie che sorpassano largamente le piramide egizie, gli acquedotti di Roma e le cattedrali gotiche. Durante il suo regno di un secolo scarso ha prodotto più di tutte le precedenti generazioni”.

Egli sottolineò invece che il meccanismo di accumulazione capitalistico era divenuto ormai un freno allo sviluppo. La borghesia, dopo aver messo in moto un gigantesco meccanismo rivoluzionario che aveva sgretolato il sistema feudale e dopo aver impresso uno sviluppo massiccio alle forze produttive, aveva esaurito il suo ruolo propulsivo e doveva essere sostituita da un differente tipo di società.

Marx evidenziò, innanzitutto, come aspetto negativo della società contemporanea lo sfruttamento dei lavoratori. Tra la classe dei lavoratori e quella dei capitalisti il conflitto è inevitabile: è questa la lotta di classe, che porterà al superamento definitivo del sistema capitalista.

Per spiegare la crisi definitiva del capitalismo, Marx elabora la teoria del plus-valore (vedi appunti di lezione). Dal plus-valore nasce lo sfruttamento del lavoratore. Il capitalista può accrescerlo o aumentando la durata della giornata lavorativa o assumendo nuovi salariati. Il capitalista aumenta gli investimenti anche sotto la pressione della concorrenza, che determina l’abbassamento dei prezzi. Si ha una progressiva concentrazione di capitale in poche mani, con graduale espropriazione degli artigiani e dei piccoli imprenditori costretti a trasformarsi in salariati. Originano da questa situazione le crisi di sovrapproduzione data la scarsità della domanda. Il costante impoverimento delle masse fa nascere l’esercito industriale di riserva, cui si deve il potenziale rivoluzionario che farà tramontare il regime capitalistico. Secondo Marx le crisi sono una caratteristica necessaria del sistema capitalistico, e nel contempo sintomi delle sue profonde contraddizioni.

Quando poi il processo di concentrazione della ricchezza giungerà allo stadio finale, e ad un gruppo ristrettissimo di supercapitalisti si opporrà l’immensa schiera dei diseredati, si avrà un movimento rivoluzionario che porterà alla dittatura del proletariato, per giungere infine ad una società senza classi ed senza antagonismi (secondo Marx si passa da un’epoca all’altra non con gradualità ma occorre una rivoluzione, senza la quale non si procede).

Per Marx la storia è una lotta di classi. La rivoluzione serve per cambiare sistema economico e far passare i mezzi di produzione nelle mani dell’ultima classe, quella dei proletari sotto la quale non ce n’è un’altra e quindi finalmente finirà la preistoria ed inizierà la storia basata sulla giustizia.

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