LA CRISI RUSSA

La crisi di agosto è stata l'esito probabile di una situazione economica e politica caratterizzata da troppe contraddizioni interne. In questi anni la politica economica russa è stata basata praticamente solo sulla politica monetaria, che aveva mantenuto il cambio con il dollaro per lungo tempo. Grazie a questi risultati, la Russia è riuscita a ottenere un qualche credito a livello internazionale. La speranza era quella di attirare  capitali per sostenere la crescita dell'economia russa.

Sfortunatamente le entrate fiscali sono proggressivamente scese nel corso degli anni e questo ha portato a rinviare i pagamenti e ad aumentare l'indebitamento, ma i tassi d'interesse sono proggressivamente saliti anche in conseguenza della crisi asiatica. L'inevitabile svalutazione del rublo è stata accompagnata da una crisi politica e finanziaria. Ci si è accorti che l'economia russa è ben lontana dall'essere un'economia di mercato e al contempo si è visti anche che non si tratta più di un'economia centralizzata e pianificata.

La crisi russa non è una crisi unicamente economica e /o finanziaria, ma è una crisi politica che investe tutta la società civile. Il contagio della crisi asiatica e la caduta dei prezzi del petrolio, che è per la Russia principale fonte di entrata di valuta estera, hanno soltanto assestato il colpo finale, seminando il panico tra gli investitori che fino ad agosto, insieme al Fondo Monetario, avevano tenuto in vita artificialmente l'economia russa. Le radici della crisi sono connesse con le deformazioni del sistema economico e politico creato negli ultimi sette anni e consolidatosi in particolare dopo il 1993.

Il regime eltsiniano non ha creato una democrazia come aveva promesso, ma aveva consolidato un meccanismo politico senza trasparenza e privo di un sistema di partiti funzionanti, incapace di rappresentare gli interessi delle nuove classi, creando malcontento per la Duma (parlamento russo).

L'economia russa era basata su un capitalismo senza investimenti ne regole, sulla distruzione del valore industriale produttivo e un sistema di oligarchia finanziaria, pochi grandi speculatori, che hanno accumulato ingenti ricchezze sfruttando le privatizzazioni "Loans for share".

Dall 1989 ad oggi il PIL russo è calato del 45%, gli investimenti sono scesi al 20% e la fuga di capitali verso l'estero ha raggiunto enormi cifre. Il deficit di bilancio assorbe molte delle risorse investibili poichè è presente un  oneroso sistema fiscale. Inoltre la fuga di capitali e la riluttanza del sistema bancario a investire nell'economia reale risultano essere gli aspetti inquietanti del sistema economico russo. Il governo russo non riuscì nemmeno più a far fronte alle spese correnti di bilancio degli ultimi sei anni. Il ministero delle finanze ha persino sequestrato i pagamenti di salari e stipendi. I principali beneficiari di questo sistema malato sono soprattutto due categorie: gli oligarchi e le èlite politiche locali, d'altronde sono loro ad aver riconfermato la rielezione di Eltsin nel 1996.

La crisi finanziaria di agosto-settembre e la ristrutturazione del sistema bancario hanno però dimostrato che il peso politico degli oligarchi non è così decisivo. In questi ultimi anni le regioni hanno accresciuto il proprio ruolo sottraendo al governo un crescente numero di poteri economici, legislativi e amministrativi. Il regime iperpresidenzialista russo non è quindi stato in grado nè di porre le basi per una democrazia e nemmeno di creare uno stato centrale forte e funzionante.

La responsabilità della crisi russa sono principalmente endogene, ma l'occidente non è privo di colpe, infatti il suo approccio, per integrare la Russia nelle nuove strutture euroatlantiche in via d'espansione, è risultato limitato. Malgrado le negative esperienze del passato, ora i rapporti con l'occidente sono decisamente migliorati soprattutto nell'ambito economico grazie anche ad un accordo di cooperazione nato nel '97 con i paesi dell'UE.

La Russia, dietro l'impulso dell'UE, stava avviando prima dello scoppio della crisi, negoziati per l'entrata nell'OMC che avrebbe potuto accelerare la sua integrazione nell'economia mondiale.

La crisi economica ha colpito duramente e con immediatezza la popolazione; l'aumento dei prezzi, il blocco dei depositi bancari, la crescita della disoccupazione a seguito della chiusura di banche e di piccole e medie imprese, sembrano aver riportato il paese al clima dei primi anni Novanta. Un paese quindi attraversato non solo da un grave dissesto economico, ma anche da un'estesa sfiducia nei confronti delle istituzioni e del potere politico e da rilevanti fenomeni di crisi sociale.