LA CRISI INDONESIANA

Nell'ambito della terribile crisi economico-finanziaria, nonchè politica che ha investito l'Indonesia nel primo semestre 1998, è possibile individuare fattori positivi, quindi di ripresa, e altri elementi estremamente negativi.

I fattori positivi sono:

- l'avvio di misure di riforma economica subito dopo l'esplosione della crisi

- la formazione di un governo più aperto alle istanze popolari di rinnovamento

- la perdita di valore della rupia che stimolerà export

- la accresciuta competitività dei costi di produzione nel paese

- le grandi risorse di idrocarburi e minerarie.

Mentre gli elementi negativi sono:

- il profondo degrado del sistema economico e bancario

- la corruzione

- l' enorme debito estero

- l' accumulo di un elevato potenziale inflazionistico

- la convivenza etnico- religiso sepre più difficile.

La crisi indonesiana precipitata da una terribile spirale di insolvenza finanziaria e massiccia deflazione ad una fase insurrezionale scatenata dalle proteste di piazza duramente represse dall'esercito ha colto l'economia locale in una fase molto delicata, in cui lo sviluppo sembrava in procinto di compiere un notevole passo in avanti, il tasso di crescita previsto per l'intero anno era pari all'8%, mentre gli sconvolgimenti politico-economici hanno determinato un PIL fortemente negativo, circa -10%.

La terribile crisi economico-finanziaria, che ha coinvolto anche le altre Borse asiatiche, deriva da ragioni politiche, ovvero dalla gravissima crisi politica innescata dalle dimostrazioni studentesche e non che hanno causato alcune migliaia di vittime. Infatti, il regime, fondato sul partito di Governo e incentrato sulla figura di Suharto, non appare più in grado di rappresentare e gestire le istanze di rinnovamento e di modernizzazione del sistema socio-politico. Anche l'esercito, da 30 anni unico, vero pilastro del sistema, manifesta una crescente frattura tra un'ala "riformista", forse rappresentata dal Capo di Stato Maggiore e ministro della Difesa, il generale Wiranto, più attenta alle richieste portate avanti dagli studenti, e una più dura e conservatrice, sensibile alle istanze per un maggiore ruolo nella vita pubblica dell'Islam. Un ulteriore problema è costituito dal futuro dell'impero economico-finaniario eretto da Suharto, militare e politico indonesiano che dopo aver represso un colpo di stato comunista ottenne i pieni poteri e la presidenza della Repubblica verso la metà degli anni '60. Altri fattori di estrema debolezza del paese sono le forti tensioni inter-etniche, dovute alla potentissima minoranza cinese che controlla circa la metà della ricchezza nazionale, ed inter-religiose a causa della crescente influenza dell'islamismo nella vita politico-sociale e l'enorme livello raggiunto dalla corruzione.

La crisi ha determinato gravissimi problemi di carattere finanziario.Per riportare un minimo di fiducia negli operatori, scoraggiando nel contempo una fuga di capitali che, per l'intensità della crisi si annunciava massiccia, è stato aumentato il tasso interbancario e il Governo ha deciso di porre in liquidazione 16 banche commerciali nonostante ci siano almeno altri 20 istituti sull'orlo della bancarotta insolvente al punto da mettere a rischio la continuità degli affari, danneggiando l'intero sistema bancario e gli interessi di tutta la società. Queste misure sono un indicatore del profondo malessere in cui permangono anche tutti gli altri istituti che compongono il sistema creditizio indonesiano. Attualmente, infatti, solo 10 delle banche operanti, ha ammesso il Governo, sono effettivamente in grado di rispettare i parametri fissati  dal ministro delle Finanze al fine di garantire tutti i depositi e i crediti delle banche locali e riportare fiducia nel settore bancario del Paese. Inoltre Suharto ha proposto di creare un currency board, una sorte di ente monetario che si sostituirebbe alla Banca centrale con l'obbiettivo di agganciare la rupia al dollaro. All'iniziativa si sono però detti contrari l'Unione europea e, soprattutto, il Fondo monetario internazionale, che giudica il provvedimento pericoloso per la stabilità del Paese a causa delle insufficienti riserve di valuta pregiata e del dissesso del sistema bancario, minacciando di bloccare ogni aiuto finanziario. Nel tentativo di gestire una situazione in rapido degrado, il 30 ottobre, il presidente Suharto ha accettato di firmare un accordo col Fmi per un prestito che restituisse fiducia agli operatori internazionali e che prevedeva un pacchetto di misure di sostegno per 23 miliardi di dollari, nonchè ulteriori prestiti da Singapore, Giappone, USA, Australia , Malaysia e Cina per un totale di circa 43 miliardi, volti a favorire le neccessarie riforme strutturali del Paese. In cambio, il Governo indonesiano si è impegnato a contenere l'inflazione nel limite del 17% e ad  arrestare la svalutazione della rupia che ha raggiunto l'80%.