Il Neorealismo e la letteratura del dopoguerra

Gli eventi del tormentato arco di tempo compreso fra l’inizio del secondo conflitto mondiale e il dopoguerra rafforzarono negli scrittori italiani la consapevolezza di quanto fosse importante adeguare la letteratura al mutare dei tempi, ponendo i loro strumenti al servizio della società contemporanea e dei suoi urgenti problemi. Come spesso accade nell’ambito delle esperienze culturali, le correnti letterarie che presero forma in questi anni furono conseguenza di una situazione storica e sociale in trasformazione, e quindi di un progressivo modificarsi nella visione del mondo, e nacquero all’insegna della rottura con il passato e della ricerca di nuove soluzioni; tuttavia esse conservarono significativi legami con la tradizione.
Il primo importante indirizzo culturale in Italia che presenta simili caratteristiche è il Neorealismo, un movimento che sorge durante la seconda guerra mondiale, sviluppandosi approssimativamente fra il 1943 e il 1950, e che per molti intellettuali che uscivano dal fascismo rappresentò quasi una scelta obbligata di rigenerazione. Il Neorealismo non è una vera e propria corrente letteraria, ma piuttosto un orientamento generale della cultura, racchiuso in un breve volgere di anni, che risponde a parametri omogenei in campo tematico e formale, e che abbraccia vari settori, raggiungendo la massima rappresentatività nel cinema; anche in letteratura, però, ispira testi di notevole efficacia.
Ancor più generico è l’indirizzo seguito da autori che hanno lavorato soprattutto nel secondo dopoguerra, per il quale si usa la definizione convenzionale di Espressionismo. Questa formula accomuna scrittori assai diversi per indole e per scelta degli argomenti, ma le cui costanti sono il rifiuto degli schemi e dei modelli stilistici convenzionali, la tendenza a sovrapporre vari registri (ad esempio lingua colta, parlato e dialetto) e a deformare il linguaggio e lo stile, sconvolgendo le strutture narrative con soluzioni anomale rispetto alla tradizione, attraverso le quali si creano opere “irregolari”, ma proprio per questo, non di rado, dotate di particolare carica innovativa. Alla base di queste scelte sta quasi sempre una sfiducia, più o meno apertamente dichiarata, nei confronti dei mezzi espressivi tradizionali e della loro capacità di ritrarre le forme molteplici e sfuggenti in cui si presenta il reale.
Molti scrittori condividono tale orientamento, talvolta estremizzando le loro scelte fino all’esasperazione; ma l’esponente per eccellenza è Carlo Emilio Gadda.
Fra i poli fondamentali del Neorealismo e dell’Espressionismo si colloca una serie di esperienze le quali, più o meno, sono riconducibili all’uno o all’altro indirizzo. Ne sono protagonisti numerosi scrittori che, partiti dalla crisi del Neorealismo alla fine degli anni Cinquanta, tentano di costruire un loro percorso rielaborando temi precedenti o innovandoli (è il caso di Giorgio Bassani, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Vitaliano Brancati, Primo Levi, Carlo Cassola), oppure avventurandosi più decisamente sul terreno della sperimentazione (Elio Vittorini, Cesare Pavese, Lucio Mastronardi). Una posizione particolare occupano poi, per l’originalità dell’opera e il peso della personalità, Alberto Moravia e Italo Calvino, che con Carlo Emilio Gadda sono fra i maggiori narratori italiani del secolo.



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Primo Levi
Italo Calvino