CINEMA E SURREALISMO

Tra tutte le avanguardie storiche c'è in quella surrealista la valutazione più precisa e più positiva del cinema in quanto tale. Anzi si può parlare di una sorta di mitizzazione e di esaltazione del cinema, soprattutto per i suoi caratteri di esperienza prossima agli stadi allucinatori in cui si verifica la liberazione delle forze dell'inconscio che è una delle finalità attribuite dai surrealisti all'arte.

Il movimento surrealista, che nasce a Parigi nel 1924 in seguito alla crisi del movimento Dada, non solo prefigura e in parte realizzaun nuovo tipo di cinema, ma si interessa anche attivamente al fatto cinematografico, per le analogie che esistono tra il cinema e il sogno, tra i meccanismi della visione filmica e i meccanismi dell'inconscio.

Non è priva di fondamento l'opinione di chi ritiene che, tutto sommato, l'idea surrealista di cinema sia più importante degli stessi film surrealisti, proprio per le analogie che individua tra le configurazione filmiche e quelle oniriche e tra le associazioni libere in determinate situazioni psicologiche e le tecniche del montaggio cinematografico (e del collage pittorico).

I surrealisti, infatti, utilizzano il cinema come materiale per le loro costruzioni di sogno, usando i brandelli dei diversi film - una determinata sequenza, un episodio, un'ambientazione, un'attrice, un volto, una didascalia, ecc. - come frasi, brani, capitoli, d'un ininterrotto romanzo visivo, affascinante e personalissimo. Al di là della tecnica, dello stile, delle possibilità espressive ed artistiche del mezzo, il cinema è di fatto una "surrealtà": la frequenza del cinema, la sua continua fruizione, automaticamente una esaltante esperienza surrealista.

Il film in cui troviamo la più coerente ed esaustiva realizzazione del verbo surrealista, è  "Un chien andalou" (1928) realizzato da Bunuel in collaborazione con il pittore Salvador Dalì; in esso vediamo un uso del montaggio e una tecnica di costruzione delle sequenze che costituiscono l'equivalente della "scrittura automatica" sperimentata dai poeti surrealisti, ma anche delle tecniche pittoriche usate dallo stesso Dalì e da Magritte.

La proposta teorica che viene da questo film è un rifiuto della tecnica, a profitto del contenuto è un abbandono di tutti i canoni espressivi propri del cinema, che corrisponde ad un generale abbandono di tutti i canoni espressivi tradizionali (come si vede anche nella pittura sopracitata).

La forma, sembra vogliano dire i surrealisti, distrugge la sostanza: la bella immagine, il virtuosismo tecnico-espressivo, le sovraimpressioni, il raffinato ritmo del montaggio, la "sinfonia visiva", sono elementi formali estranei al discorso violento che si vuol fare, anzi ne annullano la portata rivoluzionaria, ne riducono grandemente la forza d'urto, trasformano un grido di rivolta in un melodioso canto di battaglia. L'immagine e la sequenza possono avere invece, nella loro concretezza visiva e ritmica, l'immediatezza della realtà bruta, e su di essa, all'interno di essa, è possibile costruire una nuova realtà, capace di smascherare le falsità e i miti di quella realtà che è prospettata da una determinata cultura, educazione, ideologia, ecc.

Le violente polemiche e gli interventi censori suscitati dal film "Un chien Andalou" rispondevano all'irrazionalismo riscontrabile anche nel primo "Manifesto del surrealismo", firmato da  André Breton. Il manifesto di Breton del 1924 non parla di cinema, ma dell'esperienza onirica che propone e l'automatismo psichico che suggerisce da un lato possono far risalire all'esperienza cinematografica globale e continua, dall'altro prospettano, almeno in teoria e indirettamente, una utilizzazzione "surrealista" del cinema.

Ora, mentre il ricorso al sogno poteva certamente "materializzarsi" nelle immagini mute e semoventi dei film di quegli anni, anche se riuscirà invece ben più difficile trasferire sullo schermo l'autentico meccanismo dell'esperienza onirica; l'automatismo psichico, esemplato nella "cultura automatica", sarà in pratica inapplicabile al cinema, non foss'altro per la macchinosità della sua tecnica. Una testimonianza diretta di questo fatto l'abbiamo sia nell'esiguo numero di film surrealisti, sia nel divario profondo che è possibile vedere fra gli scenari non realizzati e i film.

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